L’applicazione rigida del divieto di vendita delle caldaie a gas nell’Unione Europea, previsto per il 2029, è un qualcosa che sembra essere sempre meno verosimile.
Negli scorsi giorni la stessa Commissione Europea ha compiuto dei passi indietro, prevedendo delle eccezioni per i casi in cui l’installazione di caldaie diverse da quelle a gas dovesse rivelarsi complicata o molto costosa, ma delle inversioni di rotta stanno provenendo anche da singoli Paesi, come ad esempio la Germania, dove la questione è divenuta oggetto di un acceso dibattito politico.
Il 9 settembre, infatti, nella nazione tedesca è stata votata una legge sul riscaldamento degli edifici che, all’atto pratico, risulta essere profondamente differente rispetto a quella discussa lo scorso mese di aprile.
La proposta iniziale prevedeva infatti che dal 2024 i nuovi impianti di riscaldamento sarebbero dovuti essere alimentati da rinnovabili almeno per il 65%, con l’introduzione di vantaggiosi incentivi, fino al 70%, per l’acquisto di sistemi meno inquinanti.
La versione votata, come si diceva, è però profondamente “annacquata” rispetto alla proposta iniziale, essendo state previste numerose deroghe; la più significativa è il fatto che l’obbligo di abbandonare gli impianti a gas non sarà attivo almeno fino a quando non sarà adottata la pianificazione dei riscaldamenti comunali, prevista nel 2026 per i comuni sotto i 100.000 abitanti e nel 2028 per quelli più grandi.
Sebbene sia stata notevolmente ridimensionata, peraltro, la legge in questione continua ad essere oggetto di polemiche politiche, con i partiti attualmente all’opposizione, su tutti CDU, che promettono di stralciarla del tutto laddove dovessero essere eletti nel 2025; anche questo fa riflettere su come sia difficile riuscire a realizzare delle manovre “green” di così rilevante portata.
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