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La plenaria del Parlamento UE approva la Direttiva Case Green: uno scenario tutto da delineare

L'UE approva la direttiva Case Green: cosa significa

Si è molto discusso, negli scorsi mesi, della cosiddetta Direttiva Case Green, una misura a carattere comunitario che fissa dei traguardi di ecosostenibilità edilizia particolarmente ambiziosi, e con l’approvazione della plenaria del Parlamento dell’Unione Europea, l’argomento ritorna ad essere molto vivo.

Prima di entrare nel dettaglio è utile ricordare che la Direttiva Case Green prevede che i vari Paesi comunitari rispettino una serie di tappe in lassi temporali più o meno lunghi.

L’obiettivo più lontano dal punto di vista temporale è senz’altro quello più ambizioso: nel 2050, infatti, si dovrà raggiungere la neutralità climatica, ovvero tutti gli edifici dovranno essere a zero emissioni.

Questo “goal” non desta particolari perplessità per quel che riguarda le nuove costruzioni. I progressi del settore edilizio, infatti, consentiranno alle imprese di realizzare nel futuro più prossimo delle costruzioni efficienti senza grandi difficoltà. I dubbi principali riguardano piuttosto tutti gli edifici già esistenti.

Tale problema tocca ovviamente tutte le nazioni europee, ma l’Italia in modo particolare, dal momento che nel nostro Paese la presenza di edifici obsoleti e poco efficienti dal punto di vista energetico è molto cospicua.

Alla luce di questo, i dubbi che vengono sollevati sono diversi e tutt’altro che secondari, a partire dalla domanda di fondo: chi dovrebbe sostenere tutti questi costi?

Anche laddove lo Stato dovesse prevedere dei bonus o degli aiuti in tal senso, è inevitabile che la grande maggioranza delle spese dovrebbero essere sostenute dai cittadini.

Ma se così fosse, come ci si dovrebbe muovere? Se un governo nazionale prevedesse, in tal senso, un obbligo, andrebbe verosimilmente incontro ad uno scarso consenso elettorale, ma in realtà il problema sussisterebbe anche laddove si optasse per una linea più “morbida”: gli edifici che non verrebbero adeguati, infatti, vedrebbero calare a picco il loro valore di mercato.

Altro interrogativo piuttosto importante è quello relativo alla capacità dell’Italia di rispondere ad una così elevata domanda di interventi edili, da eseguirsi in modo pressoché contemporaneo: per adeguare tutti gli edifici presenti sul territorio nazionale, infatti, dovrebbe essere attivata una quantità enorme di cantieri, la cui realizzazione potrebbe rivelarsi difficoltosa anche dal punto di vista della logistica e della gestione della viabilità.

Ad oggi non è chiaro neppure quali dovrebbero essere gli edifici da ristrutturare prioritariamente; sono state avanzate, da questo punto di vista, alcune proposte, ma per il momento non vi sono certezze.

Tantissimi cittadini, infine, appurato che si sta andando incontro ad un periodo di grandi cambiamenti nel mondo edilizio, si chiedono se sia meglio affrettarsi nell’usufruire di bonus edilizi per ristrutturare i propri immobili o se, al contrario, sia meglio aspettare.

Rispondere a questo quesito è tutt’altro che semplice proprio perché non si conosce quale quadro potrebbe andare a delinearsi: potrebbe accadere che, dato l’incremento di fruitori, i bonus divengano molto più esigui negli importi erogati, oppure potrebbero essere introdotte delle nuove misure per fare in modo che gli obiettivi fissati a livello europeo divengano di più facile raggiungimento.

Relativamente ai bonus, ad ogni modo, è utile sottolineare che sono in arrivo delle importanti novità: Ecobonus e Bonus Facciate sono destinati a scomparire al termine del 2024, mentre sono previste delle riduzioni delle aliquote per il Bonus Ristrutturazione, dal 50% al 36%, e per il Superbonus, la cui aliquota ammontava originariamente al 110%, oggi è del 70% e dal 1° gennaio 2025 scenderà al 65%.

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