Ridurre le emissioni inquinanti è una responsabilità a cui nessuno può sottrarsi, anche in considerazione degli stringenti obiettivi che l’Unione Europea ha imposto agli stati membri, non è tuttavia detto che l’unica strada meritevole di essere percorsa sia quella dell’elettrificazione.
Si è parlato proprio di questo in un recente incontro promosso da Assotermica Gruppo Climgas e tenutosi presso la sede di Bergamo di Confindustria, nel quale diversi esponenti hanno evidenziato come vi siano anche altre tecnologie meritevoli di valorizzazione, come è il caso della cosiddetta Thermally Driven Heat Pump.
La Thermally Driven Heat Pump è la tecnologia delle pompe di calore ad attivazione termica, opportunità che può rivelarsi davvero molto interessante anche in considerazione del fatto che la grande maggioranza degli edifici presenti in Italia è piuttosto obsoleta.
L’elettrificazione è senz’altro una soluzione ottimale negli edifici di nuova realizzazione, ma il quadro nazionale, come si diceva, è particolarmente ricco di “hard to decarbonize building”, costruzioni per le quali la Thermally Driven Heat Pump può essere davvero una soluzione molto più adeguata e facilmente realizzabile.
Ma quali sono i principali vantaggi che contraddistinguono tale tecnologia?
Anzitutto, data la condizione della maggioranza degli edifici italiani, la Thermally Driven Heat Pump può assicurare una riduzione immediata di consumi ed emissioni, e questo non è certo un fattore da poco.
Tale tecnologia fonda il suo funzionamento su una rete, quella del gas, già esistente e adeguatamente dimensionata, dunque non sono necessari importanti interventi infrastrutturali, inoltre, se l’alimentazione viene effettuata tramite gas rinnovabile, il risultato che può derivare dal loro utilizzo in termini di decarbonizzazione è assai importante.
Sicuramente vi sono anche alcune criticità da considerare, quali l’ingombro delle unità esterne e gli elevati costi di prodotto e di installazione, che sono ancora tali per via di una maturità tecnologica ancora piuttosto bassa, proprio come i volumi di produzione, ma ciò non significa che questa tecnologia non sia adeguatamente valorizzabile.